Gambarota Studiolex
Avvocato Matrimonialista - Cassazionista - Esperto nell'area minorile
Matrimonial Law - Supreme Court Bar - Expert in Juvenile Law
Rome - Bologna
Diritto della Persona e Status
CORTE COSTITUZIONALE, 18 DICEMBRE 2017, N. 272.
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 263 del codice civile, sollevata dalla Corte d’appello di Milano, in riferimento agli artt. 2, 3, 30, 31 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848. L’affermazione della necessità di considerare il concreto interesse del minore in tutte le decisioni che lo riguardano è fortemente radicata nell’ordinamento sia interno, sia internazionale e questa Corte, sin da epoca risalente, ha contribuito a tale radicamento. Non si vede conseguentemente perché, davanti all’azione di cui all’art. 263 cod. civ., fatta salva quella proposta dallo stesso figlio, il giudice non debba valutare: se l’interesse a far valere la verità di chi la solleva prevalga su quello del minore; se tale azione sia davvero idonea a realizzarlo (come è nel caso dell’art. 264 cod. civ.); se l’interesse alla verità abbia anche natura pubblica (ad esempio perché relativa a pratiche vietate dalla legge, quale è la maternità surrogata, che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane) ed imponga di tutelare l’interesse del minore nei limiti consentiti da tale verità
CASS. CIV.- SEZ. I° - ORDINANZA N.4194 DEL 21 FEBBRAIO 2018
Per il figlio nato oltre 300 giorni dopo la separazione dei genitori è esperibile l’azione di cui all’art. 248 c.c. . Si pone in rilievo il principio del favor veritatis.
Qualora non operi la presunzione di paternità e non sia intervenuto il riconoscimento del figlio nato da genitori non uniti in matrimonio, l’unica azione esperibile da chi dall’atto di nascita del figlio risulti suo genitore è la contestazione dello stato di figlio di cui all’art. 248 c.c.; rappresentando un problema diverso quello relativo all’accertamento dell’eventuale paternità naturale del ricorrente.
Il rilievo attribuito dal legislatore, anche in questa norma, al favor veritatis, appare ampiamente dimostrato dal riconoscimento del diritto all'azione "a chiunque vi abbia interesse", ed è poi confermato dalla previsione di cui all'art. 248 c.c., comma 2, ove si dispone che "l'azione è imprescrittibile". Anche questa scelta appare agevolmente comprensibile. Nell'ipotesi del disconoscimento di paternità (di cui, ora, all'art. 243 bis c.c. e ss.) opera una presunzione legale, ed è perciò consentito agire per il suo superamento soltanto a soggetti determinati: padre, madre e figlio, imponendosi pure, alle prime due categorie di legittimati, stringenti termini di decadenza. Una valutazione analoga ha compiuto il legislatore in materia di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità, di cui all'art. 263 c.c., limitando nel tempo la possibilità di chi ha operato il riconoscimento (e degli altri legittimati, ma non del figlio) di smentire se stesso mediante una controdichiarazione. Nessuno dei limiti succintamente indicati sussiste in relazione all'azione di cui all'art. 248 c.c., perchè in questo caso non opera alcuna presunzione legale e non vi è da smentire alcuna dichiarazione precedentemente resa. Ci troviamo, in sostanza, a dover verificare se effettivamente un figlio sia nato da un certo padre, come risulta dall'atto di nascita, ma senza che operi alcuna presunzione legale. Proprio la circostanza che ricorre nel caso di specie.
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CASS. CIV.- SEZ. II°- SENTENZA N. 22729 DEL 25 SETTEMBRE 2018.
Il riconoscimento del figlio naturale si fa nell'atto di nascita (o in atto autentico successivo o posteriore), con la conseguenza che la dichiarazione della madre nell'atto di nascita implica riconoscimento della filiazione naturale, senza necessità di un ulteriore atto formale di riconoscimento.
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